La stipsi cronica è un disturbo funzionale dovuto a un ritardo anomalo nel transito intestinale, che produce un considerevole grado di sofferenza individuale ed effetti negativi sulle relazioni sociali e lavorative della persona che ne è affetta.
Si parla di costipazione cronica nell’eventualità in cui si verifichino meno di tre evacuazioni a settimana (in situazione ‘normale’ si evacua una volta al giorno). I principali sintomi avvertiti da pazienti affetti da tale disturbo sono: secchezza e durezza delle feci, difficoltà di espulsione o sensazione di evacuazione incompleta.
Si distinguono diverse forme di stipsi, tra cui:
– Stipsi con colon pigro, in cui il colon si contrae meno determinando un rallentamento del transito intestinale;
– Stipsi da ipermobilità del colon, in presenza della quale le contrazioni si verificano in maniera disordinata, con pancia dura e mobilità dell’intestino compromessa e limitata.
La complicazione più frequente della stitichezza è rappresentata dalle emorroidi, che compaiono in seguito a difficoltà nella defecazione dovuta alla maggiore consistenza delle feci. La stitichezza cronica può causare inoltre una quantità di disturbi e sofferenze più o meno gravi come dolore addominale cronico, occlusione intestinale, megacolon, volvolo, fecaloma, cancro del colon-retto.
La stipsi può anche presentarsi in via occasionale e solo in particolari circostanze come durante un viaggio con conseguente cambiamento di alimentazione, abitudini e clima, dopo un ricovero ospedaliero o dopo l’uso prolungato di farmaci come antinfiammatori o diuretici.
L’assenza di moto e attività fisica può contribuire a rallentare le normali funzioni fisiologiche intestinali. La vita quotidiana – con i suoi ritmi sempre più serrati – può aggravare la stipsi: ad esempio, al mattino, la fretta costringe spesso a rimandare la funzione fisiologica anche in presenza di stimolo.
Per chi soffre di stipsi cronica è necessario inoltre cercare di modificare lo stile di vita aumentando l’attività fisica e privilegiando i cibi ricchi di fibre.
L’esercizio fisico migliora il tono muscolare, facilitando così la peristalsi intestinale: la tonicità dei muscoli addominali e perineali favorisce infatti l’aumento della pressione intra addominale durante la defecazione. La sedentarietà, al contrario, comporta un indebolimento ed una perdita di funzionalità del diaframma e dei muscoli che costituiscono la parete addominale, impedendo un aumento pressorio adeguato all’attività defecatoria. Il semplice atto di camminare favorisce l’attivazione di un riflesso automatico che produce le contrazioni del colon necessarie a spingere il materiale fecale verso l’ano durante la defecazione.
L’alimentazione è uno dei primi fattori da modificare per combattere la stitichezza: la dieta deve essere ricca di fibre, soprattutto verdura e frutta; è consigliabile sostituire talvolta pasta e pane raffinati con cereali integrali (frumento e farro in chicchi, pane integrale o pane fatto con farina di farro o kamut) e sostituire l’orzo al frumento; è indicato consumare i pasti senza fretta e soprattutto a intervalli regolari, evitando di saltare un pasto importante come la colazione; gli alimenti ricchi di fermenti lattici come lo yogurt, se assunti quotidianamente, contribuiscono a ripristinare la flora batterica intestinale.
L’ aspetto psicologico è spesso determinante in questo disturbo: stress, ansia, paura ed aggressività repressa sono infatti in grado di alterare la motilità gastrica ed intestinale.
Osteopatia e Stipsi – La stipsi è uno dei disturbi funzionali che l’Osteopatia è in grado di trattare con successo. L’Osteopata esegue innanzitutto un’anamnesi iniziale volta a determinare le origini della stitichezza, che può essere conseguenza di diversi fattori legati ad esempio a:
– una mobilità del diaframma o ad evidenti errori alimentari;
– una cicatrice pregressa o ad aderenze post operatorie;
– problemi di mobilità intestinale;
– una condizione di squilibrio psico-fisico o di iper o ipo-stimolazione nervosa della peristalsi;
– un blocco articolare del bacino o della colonna vertebrale.
Il trattamento osteopatico insiste sulla mobilità del colon per ripristinare il movimento intestinale. Può interessare il bacino, dove passa il colon, o anche le vertebre lombari, dalle quali partono le connessioni nervose con i visceri.
L’Osteopata può intervenire altresì con trattamenti di Osteopatia Craniale, in presenza di una disfunzione a livello del sistema cranio sacrale che può coinvolgere l’omeostasi dell’organismo intero e, quindi, anche dell’apparato digerente.
Il lavoro più importante, però, può essere fatto direttamente sull’intestino eseguendo uno “stretching” dello stesso per ottimizzare la mobilità del diaframma, motore principale di tutto l’addome.
L’Osteopatia Viscerale è una branca focalizzata sugli organi interni, il loro ambiente e la loro potenziale influenza su molte disfunzioni strutturali e fisiologiche. Tale approccio integrato richiede l’analisi delle relazioni strutturali tra i visceri e le loro connessioni fasciali e legamentose con il sistema muscolo scheletrico. Essa permette la valutazione ed il trattamento delle dinamiche di movimento in relazione a organi, membrane, fascia e legamenti, aumentando la comunicazione propriocettiva all’interno del corpo, alleviando il dolore e risolvendo disfunzioni e postura scorretta.
All’interno della vasta gamma di disturbi e patologie affrontate dall’Osteopatia Viscerale spiccano anche i problemi digestivi tra cui la costipazione.
Le tecniche che si utilizzano in Osteopatia Viscerale si suddividono in:
– Tecniche di drenaggio/pompaggio emo-linfatico: utili per migliorare il deflusso del sangue venoso e della linfa in organi come il fegato e la milza in stato di congestione.
– Tecniche di stiramento: utili in presenza di un organo cavo, come ad esempio l’intestino, che presenta spasmo della sua parete in seguito a stati come irritabilità e stipsi.
– Tecniche di rilascio fasciale: utili in situazioni di maggiore dolore, quando le membrane che avvolgono il viscere risultano molto tese, o per il trattamento di cicatrici con aderenze.
– Tecniche di recoil: attraverso l’utilizzo di forze elastiche, esse permettono ai visceri di riacquisire la loro normale mobilità in seguito a un trauma da contraccolpo, come ad esempio colpi di frusta o cadute.
Vediamo nello specifico un esempio di approccio Viscerale: il nostro intestino tenue è lungo tra i 5 e gli 8 metri, ripiegato più volte in anse più volte e sostenuto da una membrana connettivale chiamata mesentere. La tensione sulla radice di tale membrana – consecutiva a ptosi intestinale, postumi di appendicectomia, chirurgia del tenue oppure ancora a disturbi di natura psicosomatica – determina una rotazione del tratto lombare e porta a una fissazione dell’articolazione sacro-iliaca destra. La Manipolazione Viscerale di questa radice apporta notevole beneficio alla mobilità del tratto lombo-sacrale, riducendo i sintomi locali e migliorando in questo modo anche l’assetto posturale della colonna vertebrale.
-Fisiopoint-